Il secolo comincia rasoterra
 
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Eroinomani e ponti

Ultimo Aggiornamento: 18/03/2008 12:29
08/02/2008 20:50

L'idea è nata da una telefonata fra me e Stefano: scrivere un testo che partisse da questo ossimoro: l'eroinomane che cerca la stasi, la pienezza nella sua droga nascosto sotto il ponte, il simbolo del movimento, del viaggio... è proprio il cortocircuito fra queste due realtà antitetiche eppur conniventi la molla del lirimo. Direi di sviluppare il discorso come al solito, ognuno scriva la sua versione e poi la si elabora con gli altri fino alla fine... come possibile variante proporrei che a seconda dell'ispirazione si scrivesse in versi o prosa lirica, senza che nel prodotto finale si cerchi un'unica forma, ma piuttosto le si faccia convivere esattamente come i due soggetti della poesia. a voi, ave



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09/02/2008 09:57

concordo in pieno con il nichilista sui metodi di stesura.

Parola a te Morfea - poi si lacrima sulla carta

necroloquio
10/02/2008 08:21

Dal tetto di questa tomba
sono più lucide le stelle
mordono le vene a sprazzi
schianti d’ago a rovesciare sangue

mentre sopra passano le persone
gli spettri aggrovigliati di perché
alla ricerca dei loro ponti
della loro “roba”:

non c’è lembo che unisce
le nostre notti,
l’ago scuce le parole
le lascia scivolare nel fiume,

ma se percorri a ritroso la foce
ci vedrai uniti allo stesso seno…

bruciavano nello stesso latte.


questa è solamente una bozza, in cui ho voluto focalizzare alcune possibili idee: il rapporto differenziale noi-loro, l'eroina come muro di comunicazione, la comune origine di deviante e non deviante. ave




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10/02/2008 11:05

che meraviglia

di una ferocia che ottunde
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10/02/2008 18:49

Esalo il respiro
che mi sgrana gli occhi
ed ottunde laccando
la mia lingua

Battiti che seviziano
i miei polmoni stanchi

Nubi ed ombre
nello scricchiolare
d’assorti passi
in nudità d’anima

Pietre e fanghiglia
nel giaciglio sfibrato

Nascondo vorace
questo mio cibo infetto
solo la carne
ne brama l’effetto

Seccamente assorta
mi erode la voglia

Sapida e fragile
non sento che l’ago
e il mio viaggio che si fa
invasione



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12/02/2008 12:43

Vedo crescere la città
nelle vene che si avvitano sui ponti
senza stringere, tra le ombre, i passanti.
Le labbra mi fuggono, il sole m’abbuia.
Ora sono denso e fresco
potrei strofinare la schiena sui muri
e lasciare seccare l’immagine che resta.
Il tempo passa dietro, dove l’acqua asciuga
la luce in deriva - i battelli deliri
che solcano le scie delle correnti.
Nelle dita ho un pennello
dimentico dell’ossigeno
fili che tessono
l’elettrocardiogramma dei colori.



ora abbiamo tre versioni. Tutte differenti ma coese allo stesso tempo.
Qui, se siete d'accordo, subentra la quarta persona che scieglierà tra i versi, da noi delineati, la poesia nella sua forma grecale.

necroloquio
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12/02/2008 15:42

ciao ragazzi, ho giusto una cosa scritta tempo fa, che potrebbe esservi utile...se volte rubarle qualcosa prendetene pure.

Endovena
si faceva chiamare
un piccolo bacio
d’ago e stantuffo.
E io mi sentivo
buttato sotto i piedi
da mille cristiani
che non potevano vedere
e non potevano
immaginare
dove potevo io
dove l’illusione
si può toccare.

La scimmia
mi apriva lo stomaco
mi mangiava dentro
mi vomitava
tutti i suoi ricatti
cucinati col limone.

È sporco vedere
le stelle da qui,
che sanno di sangue.

È sporco pensare
alla morte,
bella così.



ciao erotomani/eroinomani, fatemi sapere che ne pensate...ma cos'è la forma grecale?
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12/02/2008 17:59

Re:
Endovena
si faceva chiamare
un piccolo bacio
d’ago e stantuffo.

Esalo il respiro
che mi sgrana gli occhi
ed ottunde laccando
la mia lingua

Battiti che seviziano
i miei polmoni stanchi

E io mi sentivo
buttato sotto i piedi
da mille cristiani
che non potevano vedere
e non potevano
immaginare
dove potevo io
dove l’illusione
si può toccare.

Nubi ed ombre
nello scricchiolare
d’assorti passi
in nudità d’anima

Pietre e fanghiglia
nel giaciglio sfibrato

La scimmia
mi apriva lo stomaco
mi mangiava dentro
mi vomitava
tutti i suoi ricatti
cucinati col limone.

Nascondo vorace
questo mio cibo infetto
solo la carne
ne brama l’effetto

Seccamente assorta
mi erode la voglia

Sapida e fragile
non sento che l’ago
e il mio viaggio che si fa
invasione

È sporco vedere
le stelle da qui,
che sanno di sangue.

È sporco pensare
alla morte,
bella così.


[l'ho intercalanata...mi piace...spero di non aver fatto danni...se così fosse chiedo venia]





12/02/2008 18:07

Benvenuto Paco! Mi piacciono le 5 versioni, solo mi piacerebbe una piccola parte in prosa poetica, come un momento riflessivo (corrispondente ai pochi minuti d'orgasmo dell'eroina che sale al cervello) che spezzi la ferocia del finale -piaciutissimo il primo di Morfea-. Ste, puoi farci qualcosa? ave





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13/02/2008 12:06

io le ho messe insieme così:


Vedo crescere la città nelle vene
che si avvitano sui ponti
senza stringere, tra le ombre, i passanti.

Le labbra mi fuggono, il sole m’abbuia.
Esalo il respiro che mi sgrana gli occhi
ed ottunde laccando la mia lingua
Il tempo passa dietro, dove l’acqua asciuga
la luce in deriva - i battelli deliri
che solcano le scie delle correnti.
Ma se percorri a ritroso la foce
ci vedrai uniti allo stesso seno
bruciare nello stesso latte.
E io sono come buttato
sotto i piedi di mille cristiani
che non possono vedere
nè immaginare dove posso io
dove l’illusione si può toccare.

Endovena
si faceva chiamare
un piccolo bacio
d’ago e stantuffo

La scimmia
mi apriva lo stomaco
mi mangiava dentro
mi vomitava
tutti i suoi ricatti
cucinati col limone.

Ora
nascondo vorace
questo mio cibo infetto.
Non sento che l’ago
e il mio viaggio che si fa
invasione

È sporco vedere
le stelle da qui,
che sanno di sangue.

È sporco pensare
alla morte,
bella così.



così la prosa poetica è la parte iniziale del tizio sotto il ponte..mentre quando si fa è più in poesia (è più bello no?)
forse l'unica cosa è che è lunghetta...ma mi sembra scorrevole. poi ho cercato di dare un senso al cambio di tempo verbale (che era imperfetto o presente a seconda della poesia e dei versi)



ne approfitto per salutarvi e per chiarire una cosa che ho già detto privatamente a mrSì.
lavorerò part time [SM=g8119] con Anomalie per diversi motivi. primo non ho tempo materiale e non ho testa da dedicare: ho troppe cose in cantiere riguardo alla scrittura (tra cui un romanzo intero a 4 mani...due palle!)per potervi dire "contate su di me". in secondo luogo non concordo in pieno con il manifestino che ho letto tempo fa, nè tanto con la scrittura che propone nichi o morfea...
detto questo: io comunque passo, collaboro, perchè mi diverto..a voi lascio i meriti di un "progetto" a cui va il mio rispetto. [SM=g8091]

saluti
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13/02/2008 14:03

Qui andiamo come schegge, devo ancora respirare [SM=g8119]

approvo la sintesi Pachiana, non la sua forma che cercherò di portarvi entro venerdi. Domani ho un esame e dovrò riprendermi dal trauma attesa-post-parto-orale. Quindi Venerdi tiro fuori dal berretto alcune forme, stile verso lungo. Credo che si addicano all'espressione analogica della poesia...

bye - ave - amen - [SM=g8114] [SM=g8119]
[Modificato da mr.si 13/02/2008 14:04]

necroloquio
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16/02/2008 11:28

io non avrò tempo mrSì, ma te sei un chiaccherone.. [SM=g8119]
a parte scherzi, dai che son curioso di cosa salta fuori.
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19/02/2008 11:12

Vedo crescere la città nelle vene che si avvitano sui ponti
senza stringere, tra le ombre, i passanti. Le labbra mi fuggono
il sole m’abbuia. Esalo il respiro che mi sgrana gli occhi
- ed ottunde laccando la mia lingua.
Il tempo passa dietro, dove l’acqua asciuga la luce in deriva
- i battelli deliri che solcano le scie delle correnti.
Ma se percorri a ritroso la foce ci vedrai uniti allo stesso seno
bruciare nello stesso latte. E io sono come buttato
sotto i piedi di mille cristiani che non possono vedere.
Endovena si faceva chiamare, un piccolo bacio d’ago e stantuffo
mi apriva lo stomaco -mi mangiava dentro - mi vomitava.
Ora nascondo vorace questo mio cibo infetto.
È sporco vedere le stelle da qui, sanno di sangue.
È sporco pensare alla morte, bella così.




dopo tre giorni di meditazione sugli appennini Roccheggiani, dopo tre notti intere spese nell bische a giocare a biliardo ecco a voi - L'opera omnia, la teca sacrale. P.S. Ieri Leo ero ancora in meditazione biliardisca ecco perchè non mi hai trovato a casa e come al solito il cell l'ho dimentico sempre [SM=g8119]

necroloquio
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19/02/2008 15:02

"il cell l'ho dimentico sempre " ...sei sicuro mrSì? ma che cazzo scrivi? [SM=g8114]


tornando alla poesia:
la tua sistemazione rende tutto più corposo e omogeneo.
ma ci sono due "MA"

1) hai tolto "cucinati col limone" e "scimmia"...due termini che riguardano da vicino la droga...che riportano, secondo me, la descrizione su di un piano più realistico, più sporco se vogliamo (come il sinonimo "cristiani" al posto di uomini)...insomma non so, secondo me quei termini rendono meglio, anche se possono apparire dissonanti all'interno del tutto . (si capisce cosa intendo??)

2) i tempi verbali: la prima parte al presente...la seconda all'imperfetto. quantomeno ci va uno spazio. ma si potrebbe, avvicinandosi alla fine, usare versi sempre più piccoli..(solo che c'ho provato e non ci sono riuscito [SM=g8080] )

modifico ssubito...non è vero il punto 2...c'è un solo imperfetto ma è da risolvere.

se mi viene qualcosa posterò in seguito...

[Modificato da el Perro "Paco" 19/02/2008 15:05]
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21/02/2008 15:26

vedo crescere la città nelle vene che si avvitano sui ponti
senza stringere, tra le ombre, i passanti.

Le labbra mi fuggono, il sole m’abbuia.

Esalo il respiro che mi sgrana gli occhi ed ottunde la lingua.

Il tempo passa dietro, dove l’acqua asciuga la luce in deriva.

I battelli deliri che solcano le scie delle correnti.

Ma se dal naso scosso percorri a ritroso la foce
ci vedrai bruciare nello stesso latte.

Sono come buttato sotto i piedi di mille cristiani.

Non possono vedere la saliva che fila emofiliaca dalle labbra.

Endovena si faceva chiamare, un piccolo bacio d’ago e stantuffo.
Mi apriva lo stomaco -mi mangiava dentro - mi vomitava.
Ora nascondo vorace questo cibo infetto.
È sporco vedere le stelle da qui, sanno di sangue.
È sporco pensare alla morte, bella così.




altra versione. Ho preferito isolare la parte, i flash soggettivi del pensiero, puntellandolo, distaccandolo dalla parte descrittiva. Ho inciso sulla pagina delle riflessioni brevi, autonome, ricche di immagini che si nutrono seguendosi nella distanza formale.

Cosa ne pensate e proponete ---- [SM=g8091]

necroloquio
21/02/2008 20:08

Questa è la mia versione, abbastanza diversa da quella di Stefano: ho tentato di cementare le parti e rendere sistematico il rapporto degrado fisico/viaggio psichico, equilibrando verso lungo simil prosa e verso corto a seconda del senso che assume il discorso. a voi


Vedo crescere la città nelle vene che si avvitano sui ponti
- non sapete come sono strette le ombre dei passanti-

Esalo il respiro
che mi sgrana gli occhi
ed ottunde la lingua

mentre il tempo mi passa dietro, dove l’acqua asciuga
la deriva della luce:

Endovena si faceva chiamare

il battello delirio che solca le scie delle correnti
-sotto i piedi di mille cristiani-

il vomitarsi lo stomaco
nel bacio d’ago e stantuffo

vedere il proprio viaggio d’invasione

sporcare anche le –loro- stelle.


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02/03/2008 15:10

ciao ragazzi... ho spedito una versione di "eroina gratis per il popolo" a mrsì, solo che non l'ho salvat sul pc, quindi ce l'ha solo lui. quando la posterà mi saprete dire, a me piace, l'ho resa più nervosa.

ma come fate a scrivere COSì POCO? [SM=g8075] [SM=g8119]
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03/03/2008 13:22

La versione di Paco
Cresce, la città, nelle vene, che si avvitano sui ponti,
senza stringere, tra le ombre, i passanti,
le labbra mi fuggono, il sole m’abbuia,
esalo il respiro che mi sgrana gli occhi, ed ottunde,
leccando la lingua, la luce in deriva, il tempo passa dove l’acqua asciuga,

percorrendo a ritroso la foce, ci vedresti uniti allo stesso seno,
bruciare nello stesso latte, buttati sotto i piedi di mille cristiani.
La scimmia, mi apre lo stomaco, mi vomita dentro, tutti i suoi ricatti nascondo, vorace, il mio cibo infetto, e mi chiudo, come un pugno,
mi stringo, come un laccio, il mio viaggio si fa, invasione.

Endovena
si faceva chiamare un piccolo bacio d’ago e stantuffo.
È sporco, vedere le stelle da qui, che sanno di sangue.
È sporco, pensare alla morte.

Bella così.


necroloquio
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03/03/2008 13:44

ora, prego, gli altri componenti del gruppo di porre le loro osservazioni, di approvare o smentire l'ultima?versione..

necroloquio
10/03/2008 18:51

ho riscritto una nuova versione, tentando di integrare tutte (ma proprio tutte) le precedenti. solo in finale l'ho cambiato, tentando di evidnziare maggiormente il nesso fra il nostro scritto e il "Battello ebbro" di quell'Arturo che da anni non mi fa dormire.

Cresce la città nelle vene che si avvitano sui ponti
-senza stringere le ombre dei passanti-
esalo il respiro che mi sgrana gli occhi

la luce è in deriva, il tempo passa oltre l’acqua che asciuga

percorrendo a ritroso la foce ci vedresti uniti allo stesso seno,
bruciare nello stesso latte, buttati sotto i piedi di mille cristiani

ma la spada mi apre lo stomaco, mi vomita dentro i suoi ricatti
nascondo il cibo infetto, e mi chiudo
mi stringo come un laccio
nel mio viaggio d’invasione:

Endovena
-un piccolo bacio d’ago e stantuffo-
sporcarsi con le stelle che sanno di sangue
pensare alla morte e dirsi

che in fondo siamo solo battelli
che non hanno creduto agli ormeggi.


che ne dite? è la versione definitiva da pubblicare o bisogna ancora ritoccarla? ave


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